In morte di S. C.

05 Novembre 2014

Ora sì, siamo tutti legittimati a pensare che c’è qualcosa di oscuro e indefinito che veicola i processi di malapolizia verso l’insoluto. Qualcosa che puntualmente torna ed esercita una forza possente e coercitiva. Chiamiamolo come vogliamo: spirito di corpo, omertà istituzionale, connivenze tra apparati. Non ha importanza. Ciò che conta è che qualsiasi cosa sia, nelle aule di tribunale dove si vivisezionano a suon di insulti le storie dei morti innocenti e si osannano religiosamente le divise dei vivi colpevoli, trova terreno fertile, piena legittimazione e spazza via la dignità di quelle famiglie che ostinate e ottuse cercano la verità.
[…]
I vostri morti non contano niente, sono zero, meno di zero. Sono tossici, drogati, stalker, teppisti, barboni, feccia della feccia di questa società, difesa strenuamente da valorosi poliziotti che rischiano la vita per 1300 euro al mese.

Minima & moralia – Caduto per le scale, di Adriano Chiarelli (21 Ottobre 2014)

05 Novembre 2014. Di Reloj
Contiene con mis ojos | Commenta

A veces las circunstancias (John Dos Passos sobre Sacco y Vanzetti)

19 Ottobre 2014

A veces las circunstancias empujan a los hombres a situaciones tan dramáticas, arrojan sus minúsculas figuras de tal forma ante los fulgurantes focos de la historia que ellos, o sus sombras, se convierten en símbolos descomunales en las mentes de los demás. Sacco y Vanzetti son todos los inmigrantes que han levantado las industrias de esta nación con su sudor y su sangre, y que no han obtenido a cambio más que el menor salario concebible y una posición de ilotas pisoteados en el orden social de los hombres de camisas almidonadas. Son toda esa escoria italiana y centroeuropea, toda esa carne de cañón industrial a la que el hambre empuja hacia las fábricas estadounidenses a través del amargo colador de la isla de Ellis. Son los sueños de un orden social más sensato de quienes no pueden soportar la ley de la selva. Esta diminuta sala de vistas es el epicentro del terremoto de una edad de tradición, el punto en el que están fijados todos los ojos del mundo. Sacco y Vanzetti proyectan sus enormes sombras sobre los muros del juzgado.

John Dos Passos, Facing the chair: Story of the Americanization of Two Foreign-Born Workmen (1927).

(Traducción de Alba Montes Sánchez para Errata naturae, 2011).

19 Ottobre 2014. Di Reloj
Contiene commemorazioni | Commenta

Ulisse

04 Ottobre 2014

Ulisse non usciva mai di casa. Odiava i cani e sua moglie, detestava viaggiare. Non era mai salito su un aereo né su una nave. Era disinteressato e apatico, ottuso, svogliato, passava le sue giornate ascoltando le sirene delle ambulanze che passavano sotto la sua finestra.

04 Ottobre 2014. Di Reloj
Contiene è solo un nome, ficcion | Commenta

Chiamate telefoniche

17 Agosto 2014

Le prime chiamate che mi ricordo di aver fatto le ho fatte dalle cabine telefoniche – già rosse – dal mare a casa: al mare la cabina era davanti al bar lontano del villaggio, che ora è l’unico che c’è (forse quell’altro bar ha chiuso perché non aveva la cabina).

C’era sempre la fila, davanti alla cabina: al mare nessuno aveva il telefono. Poi più tardi se l’era messo un vicino, un ex emigrato in Belgio: non andavamo mai a casa sua a chiamare, però a casa sua ricevevamo le telefonate. Lui veniva correndo in una nuvola di polvere gialla perché la strada era ancora sterrata: ci avvisava che mio padre, da una cabina rossa di qualche paesino delle Alpi, ci stava chiamando. Restavamo al telefono meno tempo di quanto lui impiegasse a venirci a chiamare. Io mi chiedevo sempre se mio padre avesse usato i gettoni o le duecento lire: i gettoni, anche se valevano lo stesso, mi sembrava che durassero di più.

Al monte invece non c’era mai la fila: le cabine erano due, una per alti, una per bassi: io usavo quella per bassi: era a sinistra, affianco a un videogioco. Dalle cabine del monte ho chiamato anche con le schede telefoniche da 2000, 5000 e a volte 10000 lire. Ho provato molte volte a mettere lo scotch sulla banda magnetica, dalla A di “Carta” alla F di “telefonica”, come mi avevano detto: ma non ha mai funzionato.

Dal mare chiamavamo mia nonna perché il telefono ce l’aveva solo lei: noi l’abbiamo messo nell’89. Mi ricordo quando era venuto il tecnico: aveva fatto dei buchi nel muro, poi avevamo chiamato mia nonna. Madrina aveva chiamato lei: noi avevamo fatto una segreteria telefonica con il sintetizzatore vocale del Commodore 64, l’avevamo registrata col mangianastri e l’avevamo fatta partire senza sapere chi stesse chiamando: lei aveva chiuso, poi aveva richiamato e aveva detto: Prima ho sbagliato numero, mi ha risposto un’agenzia di viaggi.

17 Agosto 2014. Di Reloj
Contiene ricordi | Commenta

«La crisi in Medio Oriente nasce dal colonialismo», Rami Khouri

31 Luglio 2014

Questo articolo di Rami Khouri è uscito su Internazionale del 18/24 luglio 2014. Il testo originale si intitola Colonialism never ended in Palestine ed è stato pubblicato dal quotidiano libanese The Daily Star.

*

Tra pochi giorni si celebrano i cento dall’inizio della prima guerra mondiale e per comprendere meglio la situazione di quell’epoca possiamo osservare gli eventi di questi giorni in Palestina. Il comportamento di Israele offre una finestra perfetta sulla mentalità delle potenze occidentali coloniali di un secolo fa, quando meglio armate e convinte della propria superiorità nazionale uccidevano, occupavano, incarceravano, confinavano, massacravano, esiliavano, gassavano e in generale vessavano a piacimento gli arabi, trattandoli più come bestie che come esseri umani.

Oggi Israele si comporta con i palestinesi come le potenze coloniali francese, britannica e italiana si comportavano con gli iracheni, i siriani, gli egiziani, gli algerini e i libici un secolo fa. La sua colonizzazione di territori arabi e la sproporzionata furia militare contro i civili palestinesi sono una lezione di storia dal vivo su come le potenze coloniali trattavano i nativi considerati servi o sovversivi senza diritti, di cui occuparsi soprattutto attraverso continue dimostrazioni di forza.

Senza ricorrere alla mentalità coloniale, vedo solo due modi di spiegare perché a intervalli di pochi anni Israele scateni la sua macchina militare su una popolazione civile sostanzialmente indifesa contro i bombardamenti aerei.

O gli israeliani sono un popolo talmente stupido da non capire che i suoi ripetuti attacchi non bastano a ottenere la sottomissione, la passività e il servilismo dei palestinesi, oppure sono dei killer patologici che adorano la vista di case palestinesi bombardate, madri in lacrime e corpi straziati di decine di bambini.

So che gli israeliani non sono né l’una né l’altra cosa. Sono un popolo come tutti gli altri. Allora perché continuano a fare quello che stanno facendo, ossia scaricare nel giro di 36 ore quattrocento tonnellate di bombe sulle famiglie inermi di Gaza? Perché tornano a farlo a intervalli di pochi anni, nel continuo tentativo di fermare la resistenza armata dei palestinesi all’occupazione e ali assedio israeliani, senza mai riuscirci? Soprattutto perché il 90 per cento degli israeliani sostiene questa politica della guerra a ripetizione, rendendola una pecularietà nazionale invece che la folle aberrazione di un pugno di estremisti al potere?

Tutto questo succede perché Israele è intrappolato in quello che è forse il più lungo conflitto coloniale della storia, quello tra il nazionalismo/sionismo ebraico e il nazionalismo arabo-palestinese. Si comporta esattamente come le potenze coloniali con i popoli conquistati tra il settecento e il novecento. Questo conflitto è cominciato alla fine dell’ottocento, quando il Primo congresso sionista invocò la creazione di uno stato ebraico in Palestina e la promozione di insediamenti in un territorio che era abitato per il 90 per cento da arabi palestinesi. Per i 120 anni successivi il sionismo ebraico e l’arabismo palestinese si sono scontrati. Il sionismo ha avuto la meglio, non solo dal punto di vista militare, ma l’equazione fondamentale del dominio coloniale e della resistenza indigena continua.

Il conflitto è arrivato alla sesta generazione e non accenna a fermarsi. I palestinesi, che nel 1947 erano un milione e mezzo, sono diventati otto milioni. Non dimenticano chi sono e da dove vengono, non accettano le espropriazioni e l’esilio,non si rassegnano a vivere per l’eternità nella loro cattività babilonese.

Osservare Israele, la Palestina e il Medio Oriente alla luce delle conseguenze degli eccessi coloniali ci aiuta a capire i due fenomeni dominanti di oggi: l’instabilità di lungo periodo e i conflitti causati dal colonialismo in Medio Oriente e in altre parti del sud del mondo, e le tensioni latenti tra Palestina e Israele, retaggio della fine dell’ottocento.

I movimenti anticoloniali hanno messo fine al dominio occidentale in tutto il mondo tranne che in Palestina, dove i discendenti degli arabi autoctoni combattono ancora i discendenti degli immigrati sionisti. La piccola comunità ebraica che viveva da secoli in Palestina era parte integrante della cultura locale e non era considerata estranea o pericolosa perché non era ne estranea ne pericolosa, e non aveva una mentalità coloniale.

Tra le conseguenze del colonialismo c’è la sorprendente varietà di caos e violenza politica e settaria in tutta la regione, soprattutto in Siria, Iraq, Libia, Algeria e in altri territori colonizzati dalle potenze europee e in seguito razziati da leader militari incompetenti e sanguinari.

Questi tumulti e i violenti combattimenti in Palestina e Israele dimostrano che l’epoca coloniale non è mai finita davvero e che continuiamo a subire le orribili conseguenze delle azioni di uomini bianchi del nord i quali con le loro armi potenti e i loro aerei militari pensano di poter uccidere migliala di uomini del sud dalla pelle più scura nell’impunità più totale. E di poterlo rifare tre anni dopo. E poi di nuovo tre anni dopo, perché il colonialismo non vince mai e può essere superato solo con la liberazione e l’autodeterminazione.

31 Luglio 2014. Di Reloj
Contiene cose serie | Commenta

← Prima

Dopo →