I particolari

18 Giugno 2008

MacchineFotograficaLunga.JPGAnche lui scattava foto a qualsiasi cosa, quando era piccolo: e una volta mi ha spiegato che lo faceva per fissare su un foglio dei momenti dei quali proprio lui era stato testimone, e poi studiarli guardando i particolari che quando c’era passato gli erano sfuggiti. Per esempio, vedi una macchina e poi sai dire di che colore è, di che modello, magari anche di che colore erano i sedili. Però non ti ricorderai la targa, o cosa c’era appeso allo specchietto retrovisore… a questo servono le fotografie. Certo, a questo. A che altro? Come si fa a sapere qual è il soggetto di una foto? Era la macchina? Il colore? La targa? Questo mi ha spiegato, con tutta l’accuratezza di cui era capace, in una lingua non sua, intercalando con milioni di “sai?”, e chiamando il mio nome e la mia attenzione ad ogni inizio frase, con la diligenza del mestiere, ma io questo lo sapevo già. Perché lo facevo anche io, ma era bellissimo sentirlo parlare così impegnato, come un padre che ascolta il figlio spiegargli cose antiche e sempre nuove, il sole che lascia il posto alla luna, l’acqua, il vento.

L’attenzione per i particolari, io la chiamavo: col tempo mi si è fatto notare che era tralasciare l’universale. Non era del tutto vero, ma concedetti che spesse volte era così. In effetti non riuscivo a studiare se non da mille libri diversi sullo stesso argomento per trovare qualcosa che qua è così e là invece no, per ripescare il terzo libro che mi svelasse il vero, naturalmente scelto in tutta arbitrarietà da me e solo da me. Non capisco ancora tutti quelli che non cercano l’altro, il diverso, o meglio il minoritario. Ora che tutti sanno che la storia è scritta dai vincitori, perché nessuno vuole vedere l’altra faccia della medaglia? Di cosa avete paura! Quello che vi manca è la presunzione di stare sopra le parti, quella che ho io, che è una di quelle verità artificiali come le bugie di Tore che tutti sanno che non sono vere però ci credono. Allo stesso titolo peraltro di uno che risolvendo un’equazione attribuisce un valore all’incognita, o di uno che dice che il percorso più breve fra due punti è la retta. Euclide si e io no?

Sono cresciuta da sola, come tutti credo. I bambini che giocavano insieme a me stavano nei loro mondi e io nel mio, mai ho incontrato nessuno nella mia infanzia. Per questo i particolari sono essenziali per me. E l’universale non è niente, non serve. Pensavo a Filippo, e non a Gesù; nel presepe pensavo cosa potesse capire il cane del pastore di quello che succedeva, se Dio stesso l’aveva fatto cane e non pastore, chiedendomi se fosse stato giusto. A scuola pensavo a Carlo Magno come uno che non poteva avere i capelli scuri, quando tutti pensavano all’imperatore del Sacro Romano Impero; poi pensavo alla madre di Sant’Agostino e alla madre di Kant o Marx, a cosa avrebbero detto incontrandosi. Quando avevo dieci anni non pensavo che ci potesse essere qualcun altro che pensasse le stesse cose. In realtà non pensavo ci potesse essere un altro. E anche dopo, credevo che un altro non esistesse sulla faccia della terra: questione di probabilità e di giustizia divina. Tutti mi sembravano costituzionalmente diversi fra loro e soprattutto diversi da me, ed ero incapace di capirli come loro lo erano di capire me, e a spiegarsi si perde il tempo e la salute. Ma a trovarselo davanti, l’altro, senza cercarlo, apparso per vie traverse e del tutto fortuite o casuali, si rimane spiazzati, parola. Non è facile capire che è proprio l’altro poi: equilibrismi per vedere senza essere visti che squilibrano, essendo speculari. L’altro, lo stesso.

Scritto da Reloj il 18 Giugno 2008
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2 risposte a “I particolari”

  1. j ha detto:

    ¿Por qué escribes en azul?

  2. Reloj ha detto:

    No sé, por qué, se vee mal?

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