Principî di ermeneutica

03 Marzo 2012

Io non sapevo chi fosse, non l’avevo mai visto: avevo sei anni, forse cinque: e mio babbo non lo ascoltava. Però avevo una cassetta nera di canzoni italiane degli anni ’70, c’era Iannacci, c’era Battiato e c’era Dalla: tre canzoni per ogni autore.

Com’è profondo il mare non si sentiva più bene: soprattutto l’inizio, prima che entri il basso, perché io l’ascoltavo di continuo: a ripetizione, fino a che mi sequestravano la cassetta. Ero ipnotizzata perché capivo tutte le parole ma non capivo la canzone. Ma chi sono, chi è che parla? Dove sono? E perché ha questa voce così inquieta, terrorizzata, mi chiedevo io a sei anni, forse cinque: perché sono sul fondo del mare? Chi è che li trattiene là, incatenati, e perché li torturano? Devono essere pesci: sì, sono pesci. Anzi: lui è una specie di uomo pesce, è un uomo pesce e parla dal fondo del mare, mi dicevo io a sei anni, forse cinque: e riavvolgevo la cassetta per sentire di nuovo: magari c’era qualcosa che mi era sfuggito.

Volevo salvarlo: ma non capivo cosa stesse cercando di dirmi, e provavo in tutti i modi di venirne a capo: niente. Sempre le stesse parole: sempre le stesse conclusioni, nuove a ogni strofa, nuove a ogni ascolto: allora ho pensato che forse lui non voleva dire niente, che l’aveva scritta così di proposito: in modo che ognuno capisse quello che voleva: e mi sono arresa. Avevo sei anni, forse cinque: adesso credo che se non ci fosse stata quella canzone, io

Scritto da Reloj il 03 Marzo 2012
Contiene commemorazioni, ricordi | 3 commenti

3 risposte a “Principî di ermeneutica”

  1. tamas ha detto:

    io?

  2. Reloj ha detto:

    non lo so ancora

  3. paiola ha detto:

    Io amavo molto il cucciolo Alfredo, la sesta luna e la casa in riva la mare. così, per fartelo sapere.

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