E bi torrat chin custu natzionalismu

22 Febbraio 2011

Se ci fosse stato bisogno di farmi sentire ancora meno italiana di quanto già non mi senta, c’è riuscito benissimo Benigni nel suo discorso alla nazione dal pulpito del Festival della canzone Italiana a Sanremo. Un insieme di mitologie nazionali (be’, di una parte sola dell’amata nazione, mi dispiace tanto ricordarvelo) parafasciste, dove con fascista s’intende quell’orgoglioso sentimento di “noi siamo noi e le nostre radici eterne e voi siete dei barbari senza storia”.

Leggo stamattina in un articolo sulla Nazione Indiana che non sono stata la sola a pensarlo. Non sono la sola a cui sia sembrato un discorso per costruire muri, buono solo a frazionare ulteriormente quel noi che non l’Italia, non l’Europa, ma il mondo intero avrebbe oggi più che mai bisogno di costruire insieme.

Ma c’è dell’altro. Abbiamo scoperto che tutti questi «italiani» erano buoni, sfruttati e oppressi da stranieri violenti, selvaggi e stupratori – stranieri che di volta in volta erano tedeschi, francesi, austriaci o spagnoli. E anche questa è una nozione interessante, una di quelle che cancellano in un colpo solo i sentimenti di apertura all’Europa e al mondo che hanno positivamente caratterizzato l’azione politica degli ultimi quarant’anni.

La lezione di storia di Benigni – Nazione Indiana

Scritto da Reloj il 22 Febbraio 2011
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