Polisistema (post senza censura)

10 Ottobre 2008

(Un post che va scemando)

L’altro giorno, su Secondo Piano, si parlava del lato commericiale dell’editoria, di libri “alla moda”, del prezzo dei libri, dello scontento di privati lettori, delle grida di dolore di giornaliste intelletualoidi e via dicendo. Non volendo parlare di cose troppo pesanti, il mio commento esteso su questo argomento lo faccio qui, sotto forma di post.

<inizia la parte saltabile del post>

Non so niente di editoria, e di librerie avevo già parlato in passato; c’è però un nuovo approccio alla teoria letteraria che mi è tornato alla mente pensando alle idee affiorate dai commenti del suddetto post, che sono poi un riflesso di quello che pensiamo ogni giorno: ormai le librerie sono dei normali negozi, e l’editoria è un businness come tanti altri. Il nuovo approccio di cui parlo è un’idea di un professore dell’università di Tel-Aviv, Itamar Even-Zohar, detta Polysystem Theory. Si tratta, in sintesi, di considerare la cultura come un polisistema, cioè come un elemento sistemico formato da più sistemi, i quali a loro volta sono formati da sistemi, fino all’infinito o quasi: e tutti i sistemi interagiscono fra di loro senza soluzione di continuità, in una maglia impossibile da dipanare. Nel caso del “sistema letteratura” non si parlerebbe più quindi di un mondo unico e a sé stante – l’idea romantica della letteratura che un po’ tutti abbiamo – ma di un polisistema dinamico e sempre in cambiamento, in continuo riequilibrio perché in stretta relazione con tutti gli altri elementi della cultura: religione, politica, economia eccetera. Itamar Even-Zohar (che, così per dire, per l’assonanza con l’arabo mi pare voglia dire “figlio dei fiori”), introduce anche nuova terminologia per definire i concetti di emissore, messaggio e recettore: li sostituisce con produttore, prodotto e consumatore. Il concetto è chiaro anche qui: un autore non è diverso da un signore che fabbrica padelle.

Tutto ciò per dire dire una cosa che pare ovvia:

<ecco, leggete da qui>

visto che uno scrittore di professione dello scrivere vive, opera su se stesso e sulla sua creazione una sorta di autocensura, anche non cosciente, perché de estas habichuelas dovrà sfamare la famiglia. Il fatto che il libro sia ormai prevalentemente – mi trattengo dal dire “solo” – un oggetto commerciabile, influisce sulla stesura del libro stesso. Influisce sul genere, sullo stile, sul tipo di argomento trattato, sull’estensione. Se non sei già uno scrittore affermato, un libro di mille pagine col piffero che te lo pubblicano. Perché non venderebbe. Allora tu elidi, elidi, elidi finché non viene fuori un numero primo. E se sai mettere tre parole in croce e hai una vaga idea di fondo, il numero primo te lo pubblicano. Perché i numeri primi vendono, se hanno meno di duecento pagine. Parlando di generi, chi scrive oggi poesia per pubblicarla? Pochissimi, e chi lo fa ha le spalle coperte (da quello che Even-Zohar chiama institution, università e premi letterari, per esempio) perché si sa che la poesia non vende più e che una casa editrice non prenderà neanche in considerazione la proposta.

Importantissime conclusioni.

Io credo che il problema di fondo sia il proprio considerare un libro come un oggetto da vendere. I libri hanno una sostanziale differenza rispetto a qualsiasi altro oggetto: se si perde un orecchino, anche dopo averlo già usato, l’orecchino è perso e di esso non rimane niente. Se si perde un libro, e quel libro è già stato usato – e cioè letto -, il libro intero rimane nostro. Un libro non è “la prima edizione italiana dei Fratelli Karamazov”, è semplicemente i Fratelli Karamazov. Un libro non è una padella, che friggilo nell’altra perché questa ha perso l’antiaderenza, ogni libro è un’idea platonica e non importa la forma che assuma (né, va da sé, se sia antiaderente o meno). C’è una grande differenza fra avere un rolex falso e uno vero: ma non c’è nessuna differenza fra l’aver letto Borges in prima edizione o averlo letto in fotocopie. Cioè se tu mi dai un rolex falso a cambio delle fotocopie di Borges, e io ti do la prima edizione di Borges a cambio del rolex vero, ho vinto io perché Borges l’avevo già letto e mi vendo il rolex vero e mi fodero di soldi.

Capito?

Scritto da Reloj il 10 Ottobre 2008
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