Menti in formazione

31 Ottobre 2007

Dio bono.

Chi spiega ai miei compagni di lezione che non si può studiare letterature comparate conoscendo solo la propria lingua? Chi gli spiega che quel povero cristo di teorico deve supporre nella formazione di un comparatista il fatto che questo possieda un marcato senso storico generale e letterario, una ampia informazione sulle letterature di diversi paesi, la capacità di leggere in molte lingue? Chi gli spiega che è logico che un bilinguismo congenito, studi all’estero, una famiglia cosmopolita comportano altrettanti trionfi?

Io capisco chepequeño pw si sentano punti nel vivo, perché alla faccia della Scuola di Traduttori di Toledo, in Spagna è molto raro l’individuo che sappia parlare bene l’inglese. O che lo capisca, almeno. O che sappia dire se quello che ascolta è inglese. Non c’è dubbio, dovrebbero investire un po’ di più sulla formazione del quadro docente: se fin da piccolo mi dicono che bisogna acquisire eskills, non bisogna accumulare estress o mi si dice di non guardare ciainin ché non è un film per bambini, allora io quello imparo e ripeto.

Ed ecco che va in fumo l’dea di diventare comparatista, gazz.

Ora, io non dico. Ma come puoi pretendere di comparare due testi in lingue diverse se una non la sai? Esistono le traduzioni, certo, utilissime le traduzioni, e santi (martiri) i traduttori. Però se hai un poco di serietà, dovresti lavorare su una buona traduzione, almeno. E se non hai neanche la vaga idea di come sia quella ipotetica seconda lingua, come diavolo fai a determinare la qualità della traduzione?

Ma perché solo a me sembra chiaro che esistono nelle varie lingue espressioni non traducibili? Chi gli spiega che una parola non è solo quello che significa, ma l’insieme di quello che ha significato e di quello che evoca nel lettore, la assonanza con altre parole, il suo contesto linguistico e culturale?

Magari sono io che mi sbaglio, per carità. Ma in certe situazioni pare che delle due una: o io sono un genio, o gli altri sono una multiforme massa di ottusità.
Propenderei per la seconda ipotesi.

*Non vi obbligo a soffermarvi sul titolo. Ma fatelo. Se riferito alla parte sull’inglese, è una genialata.

Scritto da Reloj il 31 Ottobre 2007
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